“Confluenza”, il termine giusto

Il linguaggio della politica cambia con gli anni e si modella in base alle attitudini dei protagonisti presenti di volta in volta sulla scena, alle loro aspettative e alle loro forme espressive. L’ingresso della politica nei social costringe i singoli rappresentanti a fare i conti con le nuove modalità comunicative, caratterizzate da un’elevata frammentazione dei messaggi veicolati, che comunque devono garantire un alto livello di “efficacia” per un lettore sempre più distratto, sbrigativo e sommerso da una produzione eccessiva di notizie. In tale contesto, alcuni politici, giornalisti e persone comuni inventano neologismi o ricorrono a foresterismi per “colpire” come un bersaglio il destintario del messaggio, altri raggiungono l’efficacia comunicativa usando parole semplici, chiare e con forte valenza evocativa. Leggendo l’editoriale di Giovanni Paglia sull’ultimo numero di Left (“Sinistra. Il fiume che può nascere dalla confluenza di molti rivoli”), ho trovato una parola che mi ha positivamente colpito e che, a mio parere, sintetizza la grande valenza comunicativa del nuovo obiettivo politico di chi oggi sente forte la necessità di “aggregazione” e di “partecipazione” alla vita sociale, culturale e politica del Paese. Il lemma usato da Paglia è “Confluenza“, da intendere come scrive lui stesso“strumento di unità e di lotta comune”, per un rimando immediato alla necessità di non disperdere energie e impegno e per definire una nuova identità collettiva di ampio respiro, nella quale si possa identificare chi – al di là delle etichette – non smette di sognare un mondo migliore.

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