Nadia Turriziani presenta “Due volte ombra” di Nicola Viceconti

“Due volte ombra” è uno dei pochissimi libri in circolazione in Italia che racconta il dramma dei bambini rubati ai desaparecidos argentini, privati della loro vera identità e adottati illegalmente. Uno dei pochissimi libri che affronta il problema dell’IDENTITA’ NEGATA che, a distanza di più di trent’anni, in Argentina è ancora un problema politico e sociale scottante. Nicola Viceconti ricostruisce la storia di una neonata trafugata dalla dittatura militare che, da adolescente, si ricongiunge alla sua vera famiglia ed è costretta a mettere in discussione l’intera esistenza. Il volume, arricchito dalla toccante testimonianza di uno dei nietos ritrovati dalle Abuelas de Plaza de Mayo e contiene una nota di Estela Carlotto, presidente delle “Nonne”, ha ottenuto il patrocinio di importanti istituzioni e associazioni che si occupano, anche qui da noi, in Italia, del ritrovamento dei nietos. La postfazione è a cura di Carlos Parma, giudice di Mendoza, importante figura del mondo giuridico argentino, che si è occupato per anni della questione dell’identità rubata. “Desaparecidos” in spagnolo significa “scomparsi” e si riferisce a tutti coloro che, uomini e donne, anziani e bambini, in diversi paesi dell’America Latina, non solo in Argentina, furono sequestrati dai regimi militari, torturati, mutilati, uccisi e infine gettati nel nulla. Il 24 marzo 1976 le Forze armate argentine rovesciarono il governo costituzionale. Impiantarono fino al 1983 un regime di terrore organizzato che fece sparire almeno 30.000 persone, di ogni età e di ogni condizione sociale. Le vittime venivano rinchiuse in luoghi segreti, in prigioni e campi di concentramento, seviziate anche per mesi, spesso drogate e gettate ad affogare nel rio de la plata, o caricate su aerei militari per essere scaraventate nell’oceano con il ventre squarciato, per evitare che i corpi tornassero a galla. Centinaia di bambini, assieme ai loro genitori, vennero rapiti, oppure furono fatti nascere nei centri di detenzione dove venivano condotte appositamente le ragazze incinte. Molti furono adottati dai membri delle forze militari, altri abbandonati in istituti o uccisi. Tanti, venduti a coppie sterili vicine al regime. Esistevano delle vere e proprie liste di bambini “rubati”. Venivano registrati come figli legittimi dagli stessi membri delle forze repressive e privati in questo modo della loro vera identità. Ancora oggi, domande come “Sarò figlio di coloro che dicono di essere i miei genitori?”, “Se non sono figlio loro, di chi sono figlio?”, “c’è qualcuno che mi sta cercando?” rappresentano in Argentina un richiamo alla riflessione sociale e individuale. Un’intera generazione espone dubbi sulla propria identità. Il recupero di questa incarna anche la volontà di riappropriazione dell’identità di un intero popolo.

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