“Cumparsita” – intervista all’autore

Nel suo primo viaggio in Argentina, quali circostanze, persone, luoghi ed esperienze segnarono in modo particolare l’idea di scrivere “Cumparsita”? Credo che i principali indicatori dei cambiamenti culturali degli emigranti, sia quelli individuali che collettivi, concernono i modelli linguistici, culinari e di comportamento nel gruppo di riferimento. Da sempre, in effetti, esistono reali sincretismi e contaminazioni che sarebbe interessante investigare per vedere nel tempo la loro evoluzione. Altri indicatori del “cambiamento” si possono incontrare, in generale, nel consumo dei prodotti culturali per la musica, il cinema e i mezzi di comunicazione. Questi cambi non investono nello stesso modo le comunità degli emigranti. Esistono molti fattori che intervengono a contrastare o a favorire il processo. All’interno di alcuni gruppi di emigranti, per esempio, dove il rispetto delle tradizioni è più forte, i cambiamenti, quando avvengono, sono molto più lenti.

 

Tenendo presente la sua passione per la cultura latinoaméricana e la sua personale esperienza nel venire a contatto con l’attuale Buenos Aires, quali costumi a livello individuale e collettivo dimostrano i cambi provocati nella collettività degli   emigranti che partirono tanti anni fa dall’Italia? L’anno passato andai per la prima volta in Argentina. Decisi di fare un viaggio da solo e scelsi Buenos Aires seguendo l’istinto e la forte empatia con una città che avevo visto soltanto in alcuni film sudamericani. L’idea di scrivere “Cumparsita” mi venne camminando per le strade, parlando con la gente nelle caffetterie e vivendo non solo come turista di Buenos Aires ma come “osservatore partecipante” della vita porteña. Immergendomi nella quotidianeità caotica e affascinante della città trovai l’ispirazione di scrivere una storia che indubbiamente appartiene alla memoria di molti, anche di chi non ha vissuto in prima persona il fenomeno dell’ìmmigrazione. Tra le diverse circostanze che mi hanno spinto a scrivere “Cumparsita” ricordo con immenso piacere la lunga conversazione con un taxista, nipote di un emigrante italiano della Basilicata, che moriva dal desiderio di andare in Italia a visitare il piccolo e appartato paese di suo nonno. A Buenos Aires mi hanno colpito gli alberi, i grandi parchi, gli edifici in stile europeo, le case e le piazze che ricordano Roma, Madrid, Parigi. In ogni posto della città “pezzi” di Europa nel cuore del sud america… e poi Tigre, con tutto il fascino dei suoi canali e delle case immerse nel verde.

 

Quali sentimenti, sensazioni e situazioni ha percepito nel parlare con le persone intervistate? In che modo queste pesone sono presenti in “Cumparsita”? In alcune parole ho avvertito un sentimento di nostalgia per l’Italia e per i ricordi lontani di tutto quello che lasciarono nei paesi di origine. In altre circostanze ho percepito un’ammirazione diffusa verso l’Italia, anche da parte di chi non è uscito mai dall’Argentina per un viaggio al contrario. Ascoltando alcuni vecchi emigranti mi sono reso conto delle loro rassegnazioni, a volte mascherate da un sentimento di orgoglio per le cose fatte in tutti questi anni in Argentina. A tal proposito faccio presente che i protagonisti di “Cumparsita” non si riferiscono a persone e fatti reali, anche se nelle loro descrizioni si nascondono alcune caratteristiche colte qua e là tra le persone incontrate. Anche Raúl, per esenpio, analogamente al Taxista, desiderava andare in Italia alla ricerca delle sue radici. Allo stesso modo, l’immagine di un Domenico inizialmente un po burbero, fumatore incallito di sigari e buon bevitore di vino, mi è stata ispirata da un vecchio che ho incontrato in un viaggio di ritorno da Montevideo.

 

Con riferimento alla precedente domanda, quali percorsi, informazioni e punti di vista sono stati utilizzati nella costruzione del romanzo? “Cumparsita” è una storia completamente di fantasia. Per descrivere Domenico ho descritto Buenos Aires ripercorrendo alcuni momenti dal 1926 fino ai giorni nostri. Questo lavoro è stato svolto cercando il più possibile di rispettare la veridicità di alcuni aspetti storico-sociali, in modo di dare un “tocco” di realismo al racconto. Per esempio, ho arricchito con informazioni vere il viaggio di Domenico sul battello a vapore “Princesa Mafalda”, l’incontro di Box tra Monzon e Benvenuti e alcuni macabri rituali della dittatura degli anni 70.

 

Il tango come sottofondo di “Cumparsita”. Le vite degli immigranti vanno ancora al tempo delle loro musiche? Il tango è sullo sfondo di “Cumparsita” perchè il tango è sullo sfondo di Buenos Aires. La vita degli emigranti batte al tempo della loro musica anche se negli anni la musica e i suoi testi sono cambiati. In modo simile a quanto si è verificato con i cambiamenti degli usi/costumi, anche nella musica molte cose hanno subito importanti trasformazioni. Quei testi oggi, sono solo nostalgia, “il ricordo di quello che furono..”.

 

Come crede che si formano i concetti di nazione, famiglia e cultura nella comunità degli emigranti e ancor di più nell’essere individuale? Il concetto di nazionalità si forma grazie alla identità comune del gruppo, basata sull’agire comune, sulla condivisione degli usi/costumi e sulla cultura di appartenenza. Nel caso degli emigranti, quasi sempre questa identità comune è doppia e si riflette sia sul paese di origine sia su quello che lo ospita. Durante il mio ultimo viaggio a Buenos Aires ho avuto modo di partecipare ad una festa commemorativa di un gruppo di emigranti italiani della lucania appartenenti alla F.A.B.A. (Federazione Associazioni Basilicata Argentina). In quella circonstanza ebbi modo di verificare la compresenza delle culture di entrambi i paesi. Pur tenendo ferme le tradizioni italiane si respirava un connubbio perfetto con i costumi argentini. Durante la festa è stato suonato l’inno nazionale di entrambe le nazioni, è stata preparata una cucina mista con l’infallibile asado argentino e dolci tipici del sud Italia fatti a mano dalle donne della comunità. Ho ascoltato dialoghi in spagnolo alternati a frasi in dialetto stretto (italiano). Perfino l’orchestra ha suonato un tango di Gardel passando poi ad una vecchia canzone di Rita Pavone. Per quello che concerne il concetto di famiglia si può dire che ha subito modifiche negli anni e con esso anche la sua funzione aggregativa-solidale che si sviluppava nella comunità degli emigranti. Oggi il concetto di famiglia, pur mantenendo un ruolo fondamentale tra gli emigranti è “uscito” fuori dei confini della comunità per andarsi a modellare nella più ampia società.

 

Cosa resta oggi della vecchia Italia nell’attuale Buenos aires? Alla fine del processo migratorio dell’Italia verso l’Argentina e del cambiamento generazionale all’interno delle comunità degli emigranti, restano soltanto alcuni tratti di “italianità” che sono stati coltivati “in serra” da parte di qualche buon collezionista. Si tratta di “orme” che compongono un’immagine di un’Italia che tuttavia non corrisponde più al ricordo che si portavano dietro i primi emigranti. Che cosa rimane dell’Italia? Non è facile scoprirlo!! La cucina? La musica? Il cinema? Oggi l’Italia è meno propositiva di quegli anni e l’America latina è meno permeabile perché più sviluppata e, nonostante le sue crisi economiche, più autosufficiente. Dell’Italia, pertanto, restano “orme” di altri tempi e non sappiamo se ciò corrisponde alla realtà.

 

Una canzone di un tango che caratterizza la storia “Cumparsita”. Ci sono alcuni tanghi che possono caratterizzare la storia di Cumparsita. La scelta dipende dal protagonista a cui mi riferisco: Domenico, Raul o Saverio. Questa volta ho scelto “Volver”, una canzone del 1935 di Carlos Gardel (testo di Alfredo Le Pera). Ascoltandolo, immagino Saverio al suo ritorno a Viggiano (paese di origine) e all’incontro con Rosa… suo primo amore…

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