Casi Cucchi e Riace | Tra obbedire o scegliere, io seguo la mia coscienza: l’esempio di resistenza di Sophie Scholl

 

Articolo di Patrizia Gradito pubblicato su AgoraVox23 ottobre 2018

Il sociologo Hollander, nel riesaminare la ricerca condotta nel 1961 da Stanley Milgram finalizzata all’analisi del comportamento degli esseri umani rispetto a compiere azioni in contrasto con i valori morali basilari ha messo in dubbio la correlazione avvalorata dallo psicologo statunitense secondo cui la maggior parte delle persone tenderebbe a obbedire agli ordini senza opporre particolare resistenza. I risultati raccolti da Hollander, pubblicati sul British Journal of Social Psychology, riesaminano l’attitudine umana ad anteporre l’obbedienza ai principi morali. Secondo il sociologo, fra i soggetti che avevano deciso di obbedire, si sarebbero riscontrate diverse forme di rimostranze o disaccordo. Non tutti quelli che hanno deciso di ubbidire, l’hanno fatto per una totale mancanza di autocoscienza. L’attitudine all’obbedienza e i principi morali insiti nella nostra cultura avrebbero una dialettica decisamente più articolata di quanto espresso dal test di Milgram. Le pratiche di resistenza osservate nell’esperimento, dimostrano che, se “allenate”, possono diventare parte del nostro “equipaggiamento” permettendoci di resistere a un ordine illegale o immorale, da parte di un’autorità.

La riflessione può tornarci utile proprio, in questi giorni, in cui si dibatte del caso Cucchi e dell’arresto del sindaco Mimmo Lucano.

L’articolo 13, .c 4 della Costituzione recita: “E` punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà” [cfr. art. 27 c. 3]. l’articolo 27, c. 3 della Costituzione afferma che le pene non devono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. I costituenti decisero di privilegiare l’umanità rispetto alla funzione rieducativa della pena. Nella Carta fondativa della Repubblica si riconoscono infatti valori e principi di giustizia universali. Nella “Fenomenologia dello Spirito” Hegel considera nella tragedia di Sofocle, “Antigone”, il conflitto dialettico tra due principile leggi naturali o di coscienza, non scritte (la pietas e l’aequitas) e le leggi dello Stato, il diritto scritto. Assoluti inconciliabili, incarnati nel mito, dalla figura di Antigone che con la sua contestazione impone un nuovo modello di ordinamento, fondato sui nomoi degli dei e non sulle leggi degli uomini.

Il diritto di resistenza è contemplato nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789, nella Costituzione Americana e in quella tedesca. Diviene “tiranno” chi esercita il potere arbitrariamente, abusandone, (quoad exercitium), in quanto non osserva i limiti, che la comunità politica considera per la legittimità di quell’esercizio. La disobbedienza civile non violenta rappresenta la cifra di un dissenso alla norma e, secondo eminenti costituzionalisti (Luigi Ventura, il diritto di resistenzaè immanente anche nella nostra Costituzione, anche se non espressamente codificato. A tale riguardo, il filosofo americano Rawls scrive che La disobbedienza è «un atto di coscienza pubblico, non violento e tuttavia politico, contrario alla legge, in genere compiuto con lo scopo di produrre un cambiamento nelle leggi o nelle politiche del governo».

Molti dei diritti civili negli stati uniti, infatti, sono stati conquistati solo mediante la disobbedienza civile, attraverso le jury nullification, i verdetti di assoluzione, pronunciati per i disobbedienti, si è avvalorata l’obiezione di coscienza rispetto alla ragion di stato. La Rosa Bianca (Weiße Rose) ne è un valido esempio. Il gruppo di studenti che, dal giugno 1942 al febbraio 1943, mise in atto una forma di resistenza contro il nazismo, contrapponendo alla pretesa omologatoria del regime l’arte, la musica, il dialogo, l’amicizia, la filosofia, riuscì a dare vita a un movimento “non violento” fondato sulla condivisione di ideali e valori come la tolleranza e la giustizia. Il loro obiettivo prioritario era quello di riuscire a sensibilizzare il popolo tedesco grazie alla distribuzione del “Windlicht” (la Lanterna), un foglio informativo clandestino, nel quale si presentavano dapprima saggi letterari e storici, per poi divulgare volantini contro il regime. Il settimo volantinaggio fu intercettato dalla Gestapo e costò loro la prigione e l’esecuzione capitale. In uno di quei volantini era scritto:

«Ogni singolo, cosciente della propria responsabilità come membro della cultura cristiana ed occidentale, deve coscientemente difendersi con ogni sua forza, opporsi in quest’ultima ora al flagello dell’umanità, al fascismo e ad ogni sistema simile di stato assoluto. Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate»

La storia ci ha insegnato che la legge è per sua natura temporanea e intrinsecamente mutevole. La trasgressione delle regole che la coscienza sociale non riconosce più come proprie spesso ha determinato i passi decisivi del progresso. Se si verifica una cristallizzazione del sistema normativo, la legalità deve essere messa in discussione. In questo senso, il ribelle è colui che riesce ad anticipare i limiti delle norme e il percorso per superarli e a capire che la violazione di certe leggi può essere frutto di un’illuminante “presa di coscienza” e della volontà coraggiosa di infrangere in modo irreversibile lo status-quo.

Antigone è pronta a pagare con la vita per il suo atto di ribellione contro la volontà sovrana – eppure tirannica – di Creonte. Infrange le leggi che vietano di dare sepoltura a chi ha tradito la patria ma, allo stesso tempo, sa di non potersi sottrarre alla sua forza interiore che la spinge a non ubbidire. Non intende calpestare i propri valori e ideali, e non rinuncia a seguire i dettami del proprio codice che la spingono a disubbidire pubblicamente. In conclusione, Antigone contrappone la persona allo Stato, e così facendo riesce a giustificare eticamente la disobbedienza civile. La dignità umana si eleva a principio inalienabile, superando la ragion di Stato normativamente codificata. Se la dignità umana si eleva a parametro normativo e non è solo criterio di orientamento morale dell’azione individuale risolve le dicotomie: è l’umanità il focus della legge, la non degradazione della persona a cosa. È la soglia non superabile dal diritto e dal potere di punire.

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