“Tina Modotti è morta” – Pablo Neruda

Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:
forse il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
Riposa dolcemente, sorella.
La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:
ti sei messa una nuova veste di semente profonda
e il tuo soave silenzio si colma di radici
Non dormirai invano, sorella.
Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:
di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,
d’acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,
la tua delicata struttura.
Lo sciacallo sul gioiello del tuo corpo addormentato
ancora protende la penna e l’anima insanguinata
come se tu potessi, sorella, risollevarti
e sorridere sopra il fango.
Nella mia patria ti porto perché non ti tocchino,
nella mia patria di neve perché alla tua purezza
non arrivi l’assassino, né lo sciacallo, né il venduto:
laggiù starai tranquilla.
Non odi un passo, un passo pieno di passi, qualcosa
di grande dalla steppa, dal Don, dalle terre del freddo?
Non odi un passo fermo di soldato nella neve?
Sorella, sono i tuoi passi.
Verranno un giorno sulla tua piccola tomba
prima che le rose di ieri si disperdano,
verranno a vedere quelli d’una volta, domani,
là dove sta bruciando il tuo silenzio.
Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella.
Avanzano ogni giorni i canti della tua bocca
nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
Valoroso era il tuo cuore.
Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade
polverose, qualcosa si mormora e passa,
qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo,
qualcosa si desta e canta.
Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,
quelli che da tutte le parti, dall’acqua, dalla terra,
col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.
Perché non muore il fuoco.

(Pablo Neruda , 5 gennaio 1942)

 

La sera del 5 gennaio 1942 Tina Modotti muore d’infarto, in un taxi, dopo una cena trascorsa in compagnia del suo compagno Vidali e degli amici più cari a casa dell’architetto Hannes Meyer. Le circostanze della morte sembrano subito poco chiare, e di fatto ancora oggi, a distanza di oltre sessant’anni, le perplessità restano. La notizia si scaglia contro l’opinione pubblica Messicana, e mondiale, scuotendo le acque torbide delle maldicenze che attribuiscono la scomparsa ad un delitto politico, messo in atto da Vittorio Vidali. All’epoca della scomparsa, gli amici della coppia e tutti coloro che si identificano negli ideali comunisti ricusano l’ipotesi di un possibile coinvolgimento di Vittorio Vidali, e il più indignato è il poeta Pablo Neruda che, con una splendida poesia dedicata a Tina, vuole allontanare le voci, le strumentalizzazioni, gli scandali, per celebrare soltanto l’esempio di una vita dedicata all’impegno politico, la passione rivoluzionaria, l’arte e l’amore. Neruda era arrivato in Messico nel 1940 e al momento della morte di Tina era console generale a Città del Messico per conto del governo cileno, con il quale collaborava da molto tempo. Oggi possiamo vedere che le loro vite avevano molti punti in comune, primi fra tutti l’esigenza di aiutare i perseguitati politici, di sentirsi “impegnati” nella società di cui facevano parte, di vivere appassionatamente l’arte -per lui la scrittura, per lei la fotografia- e l’amore. E i versi di Neruda sintetizzano perfettamente le qualità della Modotti e lo sguardo ammirato e complice del poeta che, nella donna celebrata, riconosce la condivisione di un mondo esistenziale, sociale e artistico. I primi versi della poesia sono l’epitaffio scolpito sulla tomba di Tina al Pantheon de Dolores  a Città del Messico, mentre gli ultimi versi sono riportati su una stele commemorativa ad Udine, voluta dal Comitato Tina Modotti. (info dalla pagina FB: L’ultimo saluto di Pablo Neruda a Tina Modotti)

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