“Cumparsita”

“Mi guardai riflesso sul vetro della finestra. Quante cose nascondevano i solchi rugosi del mio volto: anni di lavoro in questa terra lontana, sacrifici, gioie e dolori ma anche grandi soddisfazioni.  Specchiandomi ripercorsi con la mente il periodo della breve infanzia vissuto in Basilicata e il giorno della partenza. La mia famiglia lasciò il paese in terra lucana per emigrare nell’America del sud. Era una famiglia numerosa come tutte quelle di allora. Quattro figli maschi e due femmine. Mio padre era un agricoltore e mia madre una donna di campagna. Era il 1926 e avevo appena sette anni. Nel porto, la nave tutta bianca mi apparve immensa, lo zio Giovanni in lontananza ci salutava dal molo. Mio padre con gli occhi lucidi seduto poco distante da noi suonava il suo organetto e le note struggenti di quella ballata di paese facevano da accompagnamento allo sciabordio dell’acqua sui fianchi della nave. Era l’ultimo saluto alla sua terra. Ricordo bene anche l’oceano, immenso come la nave. Non c’è un emigrante di quegli anni cui non sia rimasta indelebile nella memoria l’immagine della partenza”.

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