Osvaldo La Valle

Il mio prossimo romanzo “Nora Lopez, detenuta N84″, vincitore del premio letterario InediTo 2012 al Salone Internazionale di Torino, uscirà il prossimo mese di novembre in Italia (Gingko Edizioni) e in Argentina (Acercandonos Ediciones). Il testo, dedicato al dramma dei desaparecidos argentini, si avvale, tra l’altro, della preziosa testimonianza di una persona speciale. Si tratta dell’amico Osvaldo La Valle. Qui di seguito le sue toccanti parole…

“La voce prepotente e ossessiva dei militari, che hanno governato dal 1976 al 1983 in Argentina, si è fatta sentire in ogni angolo del paese: dalla chiassosa Buenos Aires alla silenziosa Patagonia; dalla terra del Malbec alle regioni povere dell’interior; da Mar del Plata alle montagne rosse di Misiones.

Nei circa trecentocinquanta centri clandestini di detenzione, le tre forze armate (Esercito, Aeronautica e Marina) hanno seminato il terrore, colpendo persone di ogni età e ceto sociale.  Per sette anni quella voce prepotente e ossessiva ha soffocato le urla strazianti di migliaia di persone sistematicamente torturate, prima di essere confinate nel nulla.Oggi, i responsabili di tanti lutti e di infinita disperazione, parlano con la voce rauca, per via dell’età, ma il tono e il significato delle loro parole è sempre lo stesso, ugualmente arrogante, trasudante la macabra ideologia di sempre, espressione di un pensiero squilibrato e irrispettoso dei diritti umani fondamentali”.

“È sufficiente ascoltare le loro parole, in sede di giudizio dei processi, ai quali finalmente vengono sottoposti, o leggere le loro deliranti dichiarazioni, come quella rilasciata recentemente in un’intervista dal genocida Videla, nella quale egli ha asserito di “essere vittima di una vendetta”. Interessante, a tale proposito, è stata la reazione delle associazioni impegnate nella lotta per l’affermazione dei diritti umani, in particolare quella dei rappresentanti degli HIJOS che, in risposta al dittatore, hanno dichiarato testualmente “la nostra unica vendetta è essere felici”, o quella delle Abuelas de Plaza de Mayo che, nella persona della Presidente Estela Carlotto, hanno ribadito che “se gli artefici della dittatura sono stati capaci di fare quello che hanno fatto, è chiaro che continuino a difendere la loro posizione”.La voce dei torturatori, pertanto, oltre a creare indignazione, offre uno strumento di conoscenza in più nel percorso di recupero della memoria che l’argentina sta attraversando con coscienza e maturità. Essa è utile come ennesima prova delle nefandezze e atrocità commesse, soprattutto per coloro che non hanno vissuto quel triste periodo.Il romanzo, “Nora Lopez – Detenuta N84” di Nicola Viceconti, si inserisce in questo contesto. leggendolo, ho trovato originale la scelta di mettere in risalto, per buona parte della narrazione, la voce di chi rappresentava il male. E, anche se è stato particolarmente doloroso e impegnativo trovarmi di fronte alla voce di un repressore, reputo opportuno mostrare al lettore, in forma diretta e autentica, il pensiero “tipico” di un responsabile di quei crimini efferati. Ho trovato molto interessante il confronto tra il boia e la giovane Livia, figlia di Nora Lopez, una delle vittime del regime. Ad interrompere la tranquilla vita del pacifico signor Pontini, arriva inattesa una presenza che innesca in lui il terrore di trovarsi braccato e, nonostante la speranza di sfuggire all’incubo di vedersi scoperto, ecco che arriva inesorabile la sua punizione: gli HIJOS, insieme alla polizia, celebrano l’arresto del torturatore, durante la festa organizzata per il matrimonio del figlio, il tutto in presenza di un altro complice silente della dittatura, un monsignore, in rappresentanza della Chiesa. Questa scena segna la fine di Luis Pontini e dà l’avvio alla sua giusta condanna. Un accenno, infine, lo rivolgo alla giovane eroina Livia Tancredi, personaggio chiave del romanzo, di cui il lettore può cogliere tutte le emozioni di angoscia, rabbia e dolore vissute nel suo viaggio all’inferno. il motore di tutto questo è l’amore per sua madre, alla quale restituisce la dignità affrontando con coraggio uno dei suoi torturatori. uno sforzo che alla fine genererà per entrambe un grande senso di liberazione. Nel concludere questa mia breve riflessione, ribadisco l’importanza della voce come elemento identificativo per eccellenza. Lo dico con cognizione di causa, perché è proprio grazie alla voce che ho potuto riconoscere il “Turco Julian”, uno dei miei torturatori nel Club Atlético”. 

OSVALDO LA VALLE  è un ex detenuto del Club atlético. al tempo del sequestro era un militante del Partito Socialista dei Lavoratori (PST). La notte del 15 luglio 1977, una quindicina di militari entrarono nella sua casa di Pardo Esquina Ferías Muñiz, lo incappucciarono e lo trasportarono in un centro clandestino di detenzione che, solo in seguito, Osvaldo scoprì essere il Club Atlético. Al momento dell’ingresso al Centro, i militari sostituirono il suo nome con la sigla k58 e, come tutti i detenuti, subì torture e umiliazioni, fino a quando il 5 ottobre del 1977 venne rimesso in libertà. Durante il periodo di detenzione Osvaldo la Valle apprese i soprannomi dei militari che operavano nel Club Atlético. Tra questi c’era il famigerato “Turco Julian”, che riconobbe per caso molti anni dopo, ascoltando la sua voce in televisione.

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