Una sola o… mille verità?

Lo scrittore argentino Tomas Martinez riteneva che nella narrativa “il romanziere e lo storico conferiscono due significati ben distinti al concetto di verità. Per il primo la verità si stabilisce a partire da un patto tra autore e lettore che si basa sulla condivisione degli stessi riferimenti storici e culturali. In accordo a tale patto, lo scrittore può arricchire i fatti storici – che spesso risultano insufficienti a descrivere la realtà – attraverso l’utilizzo della finzione”. Alla verità – che la storia considera come unica e assoluta – il romanziere può aggiungere altre verità, dando luogo quindi a una pluralità di versioni che, nelle varie sfaccettature e contraddizioni, possono fornire una dimensione/visione più ampia della realtà. Le leggi della narrazione alla base di un romanzo, pertanto, non coincidono quasi mai con quelle della vita reale. L’unico obbligo del romanzo è quello di creare una verità che abbia valore in se e che sia sentita come tale dal lettore.

Si tratta del gioco infinito delle mille verità legate alla metafora “gli occhi della mosca” che Martinez descrive molto bene nel suo romanzo La novela de Peron: “Una mosca si posa sulla mano del General Peròn. Ha il corpo azzurro, le ali trasparenti e occhi sproporzionati che occupano quasi tutta la testa. Sono occhi molto strani, con quattromila sfaccettature. Ognuno di questi quattromila occhi vedono diversi pezzi di realtà. La domanda che si pone Martinez e che pone a tutti noi è:

Cosa vede una mosca? Quattromila verità o una verità divisa in quattromila pezzi?

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