Elogio alle mani di mio padre – Hector Perfumo

Germán Vache, un amigo che vive a Rosario, mi ha inviato una poesia di Hector Perfumo, scrittore e poeta italo-argentino di 90 anni. La poesia s’intitola “Elogio alle mani di mio padre”, un testo carico di significato per tutti gli emigranti. Nella foto il poeta Hector Perfumo in compagnia di Germàn e di Mirella Giai, Senatrice italiana all’estero.

“Ricordo che da piccolo mi appassionavano le mani di mio padre, mani grandi, forti, generose, sempre pronte a stringere con sincerità la destra che gli si offriva. Ricordo le mani oneste, vigorose, tenaci, che s’incallirono imparando e dopo lavorando, con speranza nei frutti futuri, la feconda terra del Sud della nostra provincia de Santa Fe, e poi nella città di Rosario. All’inizio, furono le mani giovanili di un quasi adolescente che venne dal Piemonte con la sola ricchezza dei suoi quattordici anni appena compiuti…

Questo bimbo dovette apprendere e soffrire il rigore del raccolto interminabile delle spighe di grano turco, con le mani, come facevano in quegli anni, sotto un sole feroce e scottante. Ma queste mani giovanili si fecero, lungo gli anni, mani abili, forti, e così impararono a tendere fili di acciaio e fili spinosi per suddividire la terra dei campi. … Ver más… Lungo gli anni diventarono mani ruvide, mani sicure di un giovane che poteva sostenere le redini dei briosi cavalli di campagna che tiravano l´aratro per aprire i solchi, dopo per far seminare la terra e poi per il raccolto futuro del grano generoso, dorato, ricco…! Dopo vennero gli anni difficili, scuri, che portarono crudeli siccità e inondazioni, le quali fecero fuggire tutti i sogni, affogarono le speranze, i progetti di mio padre contadino. Lui disse addio alla terra, alla campagna. Si stabilì con la sua famiglia nella prospera città di Rosario nel millenovecentoventi ( 1920 ). Quí non rimasero mai mani oziose, lavorarono sempre: alzarono sacchi di grano per riempire le navi di oltramare nel nostro porto sopra il fiume Paraná; queste mani fabbricarono milioni di mattoni e con loro costruirono forni a legna per cuocerli come facevano allora. Si fecero mani addestrate nella costruzione all´ombra dei maestri muratori venuti dall´Europa, e così costruirono. Ma, nonostante l´avventurosa vita, per le mani di mio padre ci furono ore di gioia, di creativitá, perchè queste mani sapevano anche accarezzare le corde del mandolino e ottenere una dolce melodia, o le corde della chitarra per potere intonare una canzone tradizionale argentina, o una canzonetta italiana accompagnato dal coro dei suoi figli.Passarono gli anni…. Quando mio padre smise di lavorare, le sue mani non rimasero oziose, poichè arricchì le sue ore da pensionato con una innata attività artistica: preparava un insieme di cemento, sabbia e acqua in propozioni determinate e così, con attrezzi propri, modellava piccoli castelli medioevali e villaggi del suo indimenticabile paese natìo, Masio, nel cuore del Piemonte. La chiesa quí esibita, è un bel modello in miniatura e uno degli ultimi lavori fatti da lui , quasi novantenne. La progettai io, la disegnai in prospettiva e lui la fece diventare realtà. Un giorno, nel lungo camminare della sua vita, quasi già novantenne, il suo cuore si fermò per sempre, e quelle mani che furono – secondo me “prodigiose” – rimasero definitivamente quiete. La sua missione era compita!”

Titolo originale dil Poema: “Elogio a las manos de mi padre”. Traduzione di Lucia Comissoli. Professoressa di Lingua E Cultura Italiana.

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